L’arcivescovo Moscone: «Educare alla legalità per costruire un’etica civile»

L’arcivescovo Moscone: «Educare alla legalità per costruire un’etica civile»

Nell’intervento del 30 settembre 2025, tenuto al Palazzo Dogana di Foggia, durante il Convegno “La Forza dell’Integrità” promosso dall’ANCI Puglia, ANAC, Prefettura di Foggia e Comuni della Provincia sciolti per infiltrazioni mafiose, padre Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, ha richiamato con forza l’urgenza di un’educazione alla legalità come fondamento di una società civile, di una Chiesa fedele al Vangelo e invita a non chiudere gli occhi davanti alle ferite del territorio: violenze, intimidazioni mafiose, assenza di lavoro e fuga dei giovani.

«Educare alla legalità significa innanzitutto prendere coscienza della realtà per quello che è, senza nascondersi dietro false etichette», ricorda il Pastore, richiamando l’esempio di padre Pino Puglisi: «Le parole vanno convalidate dai fatti».

È un appello che si lega alle parole profetiche di tanti testimoni: Pasolini denunciava già nel 1975 «un’educazione comune, obbligatoria e sbagliata, che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto, a tutti i costi»; Schweitzer ammoniva che «più cresce il potere dell’uomo e più l’uomo diventa un pover’uomo»; Hans Jonas osservava come «il massimo del potere si unisce oggi al massimo del vuoto». E Benedetto XVI, vent’anni fa, descriveva l’umanità chiusa «in un bunker».

Di fronte a questo scenario, l’arcivescovo della Chiesa del Gargano richiama la responsabilità di scuole, parrocchie e associazioni perché diventino laboratori di speranza, capaci di formare coscienze e di costruire un tessuto sociale più giusto. «Non è vero che la politica è marcia e la Chiesa è falsa … è vero piuttosto che marci sono gli uomini che usano la politica per il proprio tornaconto, e false sono le persone di Chiesa che se ne servono per sé stessi».

Nelle parole del Pastore emerge la convinzione che solo educandoci alla legalità possiamo collaborare a una società più “civile” e a una Chiesa più conforme al Vangelo, perché – come ricordava Paolo VI – «il mondo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri è perché sono testimoni».

Qui di seguito, il testo integrale

ETICA PUBBLICA termometro di civiltà

Inizio con alcune citazioni: “Oggi si riceve un’educazione comune, obbligatoria

e sbagliata, che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto, a tutti i costi. In questa

arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e

qualcuno le spranghe; tutti sono pronti al gioco del massacro, pur di avere.

L’educazione avuta è stata: avere, possedere, distruggere”. Queste parole si trovano

nell’ultima intervista a Pierpaolo Pasolini, uscita postuma sull’inserto “Tutto Libri”

della Stampa del ’75 e concludeva così: “Fate attenzione, io scendo all’inferno; ma

state attenti: l’inferno sta salendo da voi”. Era una profezia laica che si è conclusa

tragicamente a distanza di pochi giorni. Seguo con altre affermazioni, datate, ma

profetiche se applicate alla situazione mondiale che stiamo vivendo.

Heidegger sosteneva che “nessuna epoca ha saputo meno della nostra che cosa è

l’uomo”; oltre ottant’anni fa Albert Schweitzer, nel ricevere il premio Nobel della pace

scriveva: “esorto il mondo a osare di guardare in faccia la realtà; l’uomo è divenuto

un super uomo riguardo al potere, ma ecco il fatto pericoloso e nefasto: più cresce il

potere dell’uomo e più l’uomo diventa un pover’uomo. Le nostre coscienze non

possono non essere scosse da questa considerazione: più cresciamo e diventiamo

super uomini, più diventiamo disumani”. Il filosofo Hans Jonas: “Oggi il massimo del

potere, si unisce al massimo del vuoto, il massimo di capacità va insieme al minimo di

sapere intorno agli scopi ultimi della vita”. E per passare ad un cattolico ricordo

l’immagine che Papa Benedetto XVI ha usato vent’anni fa nel discorso al Bundestag di

Berlino definendo l’umanità di inizio millennio come “chiusa in un bunker”.

La conclusione è che difendersi in un bunker o attaccare, uscendo dal bunker con i

cannoni, è sempre la stessa cosa, in un modo o in un altro è sempre manifestazione

di aggressività e sopraffazione, l’opposto di una sana etica pubblica costruttrice di

civiltà.

Educazione alla legalità e costruzione di un’etica civile

L’educazione alla legalità costituisce un punto focale per il nostro territorio e

società tanto civile che ecclesiale del Gargano. Il crescere esponenziale di azioni

violente, fino agli omicidi ed alla sparizione di persone (= lupara bianca), passando per

gesti intimidatori e di chiaro stampo mafioso, non ci possono lasciare silenti.

Diventa inutile lamentarsi per la carenza di lavoro, la fuga dei giovani in altre

regioni italiane ed europee … al di fuori di un recupero della legalità, infatti, non c’è

spazio per lo studio serio ed il lavoro onesto che, a loro volta, producono ricerca e

lavoro. Educare alla legalità significa innanzitutto prendere coscienza della realtà per

quello che è, senza nascondersi dietro false etichette, paure, morosità e sterili

lamentele, cercando di innescare processi positivi nelle scuole, nelle associazioni, nei

1gruppi di riferimento a cui si aderisce, nelle parrocchie e nella società civile nel suo

complesso. Ricordava il beato Padre Pino Puglisi, sacerdote ucciso dalla mafia: “Credo

a tutte le forme di studio, di approfondimento e di protesta contro la mafia. La

mafiosità si nutre di una cultura, e la diffonde: la cultura dell’illegalità. La cultura

sottesa alla mafia è la svendita del valore della dignità umana. E i discorsi, la diffusione

di una cultura diversa, sono di grande importanza. Ma dobbiamo stare molto attenti

che non ci si fermi alle proteste, ai cortei, alle denunce. Se ci si ferma a questo, sono

soltanto parole. Le parole vanno convalidate dai fatti”1

Non dobbiamo pensare solo ai fenomeni eclatanti perché la cultura

dell’illegalità procede infatti a piccoli passi, nasce da episodi che possono sembrare

contingenti, a volte utilizzando anche la stessa legislazione per coprire la stessa

illegalità. Non dimentichiamo che la maggior parte degli ingressi di migranti in Italia

ed Europa entrano per canali “legali”, ovviamente con la partecipazione interessata

di cittadini ed organizzazione europee in collegamento con organizzazioni straniere.

L’uso squilibrato dei social oggi svuota la parola umana di senso e fisicità non

creando più relazioni, diventa vuota e amorfa. L’educazione alla legalità deve invece

poter attingere ad una virtuosa correlazione pedagogica tra parola, ascolto (anche del

silenzio) riflessione e dialogo. È sempre più necessario che l’impresa educativa

s’impegni ad offrire, a giovani e non, tutti quegli strumenti adatti per formare l’uomo

interiore a livello della coscienza e quello esteriore a livello di relazioni positive e

creative. Nella prospettiva della fede cristiana, come ricordava anche Giuseppe

Dossetti, la riscoperta dell’uomo interiore è un momento propedeutico alla

conversione verso l’uomo nuovo2. Da qui l’importanza di tornare ad educare alle virtù,

anche attraverso un uso prudente e moderato degli stessi social, come suggerisce Pier

Cesare Rivoltella3: non possiamo pensare che possa diffondersi una cultura della

legalità, se non torniamo ad educare i giovani alla ricerca della sapienza. Formarli cioè

al discernimento e a saper giudicare e vagliare ciò che è sapienza da ciò che è

stoltezza. Arte che non s’improvvisa, ma richiede una costante applicazione all’ascolto

della storia, del mondo, della città, della società (e per chi crede della Parola di Dio),

solo la capacità di seguire l’arte dell’ascolto apre all’empatie e al dialogo, contenendo

e sconfiggendo vuoto relazionale, bullismo, indifferenza e violenze d’ogni tipo. Oggi

invece, quasi come un meccanismo di difesa, si prova a colmare il vuoto di senso con

il tentativo affannoso di accumulare ricchezze o emozioni: ma tutto ciò è solo una

suggestione.

Non perdiamo tuttavia la speranza. È azione profetica quella di denunciare ciò

che non va, demolire, infrangere le “strutture di peccato” (come le chiamava papa

Giovanni Paolo II), edificare e costruire la città che desideriamo, per curare il territorio2

che ci accoglie e offre mezzi ed occasioni di sviluppo vero e sostenibile. Come Chiesa

(ma anche come società civile) non temiamo di riscoprire e proporre la decisività del

ruolo testimoniale: resta attuale il monito di Papa Paolo VI, “il mondo contemporaneo

ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri è perché sono

testimoni”4. Ultimamente anche l’analisi psicanalitica, penso a Massimo Recalcati 5, si

muove nella stessa linea. Il fallimento del modello educativo basato sul “padre

padrone”, che decideva tutto per tutti, è da annoverare all’assenza di una vera

relazione educativa. L’evaporazione di un certo modello di padre può diventare una

chance per riscoprire la figura di un padre che sa essere anche maestro e testimone.

Non perdiamo tuttavia la speranza. Sono nate e si stanno sviluppando nel

territorio della nostra Provincia iniziative che fanno prendere coscienza del bisogno

di legalità e la promuovono: ci si rende conto che solo da questa può partire un nuovo

e sano spirito di società civile. Alcune di queste iniziative ho avuto modo di avvicinarle

e conoscerle ed apprezzarle. Come esempio tra le tante vorrei sottolineare quanto è

nato a Mattinata all’indomani dello scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio

comunale. Una porzione di cittadini si è ritrovato a riflettere sull’accaduto e sul come

si potesse ovviare ad una dinamica in atto così ingombrante, si è deciso di inaugurare

un percorso comune, plurale e aggregativo per provare a “pacificare” una comunità

ferita e disorientata. Collaborando insieme tra Parrocchia SS. Maria della Luce,

l’Azione Cattolica Diocesana, il coordinamento provinciale di LIBERA contro le mafie,

il Fondo Antiracket Italiano, la CCIAA di Foggia, la Confcommercio provinciale e altre

realtà associative locali, si sono organizzati e proposti eventi per discutere a “cuore

aperto” di tematiche forti che necessitano di continua presa di coscienza e

approfondimento. Sono nati i progetti: PacificAzione (azione pacifica e corale

articolata su due temi fondativi e fondamentali: la legalità e l’integrazione sociale) e

FABLES (Formazione Adulti e Bambini sulla Legalità e l’Educazione Sociale) che hanno

coinvolto tanto gli Istituti scolastici che buona parte della popolazione civile.

Personalmente ho potuto verificare l’importanza di marce per la legalità e contro le

mafie tenutasi a Foggia e Manfredonia mobilitando miglia di cittadini, con la

compartecipazione delle Istituzioni civili e religiose, degli Istituti scolastici e la

presenza sindaci di autorità comunali, provinciali e regionali. Non perdiamo allora la

speranza: in Capitanata e Gargano ci sono presenze e forze positive in grado di

cambiare in meglio e dare futuro sicuro al territorio ed al popolo che lo abita.

Sintetizzo invitando a guardare con orgoglio e cuore limpido alla sana politica

ed alla Chiesa. Non è vero che la politica è marcia e la Chiesa è falsa … è vero piuttosto

che marci sono gli uomini che usano la politica per il proprio tornaconto, e false sono

le persone di Chiesa che se ne servono per sé stessi e non per il Vangelo ed il servizio

del prossimo.

Educarsi ed educare alla legalità è collaborare perché la società sia sempre più

“civile” e la Chiesa più conforme al Vangelo, perché la politica torni ad essere servizio

del bene comune e la Chiesa Madre di cuori che generano relazioni d’amore.

Concludo come ho iniziato con un rimando al passato, alla dottrina Robert

Schuman del 1950, matrice dell’Unione Europea. Questa, l’UE, fu concepita come una

comunità che si prefiggeva l’obiettivo di una pace duratura in Europa, dopo le

devastazioni di due guerre mondiali. E’ ancora così? Sembra proprio di no …

sembrerebbe un altro tema, ma non è così, è rottura dell’etica civile ed il termometro

dell’Europa segna una pericolosissima febbre.

+ p. Franco Moscone crs

Foggia, 30 settembre 2025

1 Giuseppe Bellia (ed.), 100 pagine/di don Puglisi. Il coraggio della speranza, Città Nuova, Roma 2005, 74.

2 Suggerimento offerto nel noto discorso intitolato “La sentinella”, tenuto il 18 maggio del 1994 in ricordo dell’amico Giuseppe Lazzati. Testo pubblicato su Humanitas per i tipi della Morcelliana, ma presente anche in diverse opere collettive che ripropongono gli scritti di Dossetti.

3 P. C. Rivoltella, Le virtù del digitale. Per un’etica dei media, Morcelliana, Brescia 2015.

4 Discorso di Paolo VI al Pontificio Consiglio per i Laici 02 ottobre 1974 e Evangelii nuntiandi, 1975,

5 M. Recalcati, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Cortina Raffaello, Milano 2017.

Exit mobile version