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Il Carnevale sipontino: cenni storici

Nei paesi del Mediterraneo i riti del Carnevale hanno specifica origine agricola e risalgono a credenze e a culti antichi, come i Saturnali ed i Baccanali. In queste feste, si realizzava lo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie, e la ricerca dello scherzo e della dissolutezza era d’obbligo. Nelle città dove vi era una forte presenza ebraica, le manifestazioni carnascialesche coincidevano con la celebrazione del Purim. Essa cadeva a metà del mese ebraico di Adar e ricordava il sovvertimento delle sorti e il conseguente scampato pericolo per il popolo ebraico. Era una delle ricorrenze più gioiose e viene raccontata nella Meghillàth Estèr, il Libro di Ester, libro che fa parte del canone biblico. Probabilmente la comunità ebraica sipontina festeggiava il Purim, è dunque possibile che la tradizione pagana sia stata affiancata da quella ebraica e sicuramente soppiantata.

Simbolo del Carnevale Sipontino, è Zé Peppe, un povero contadino che malato di broncopolmonite, decide di passare gli ultimi giorni di vita all’insegna del divertimento per esorcizzare la morte. Zé Peppe veniva raffigurato con un fantoccio di pezza, che arrivava in città sul dorso di un asino. Questa rappresentazione ha molte similitudini con alcuni festeggiamenti carnascialeschi presenti in altre città adriatiche, soprattutto sulla costa dalmata. A Lagosta, un tempo isola italiana della Dalmazia, il Carnevale è chiamato “Poklad”, dal nome del fantoccio che viene portato in giro per i le strade dell’isola. La festa ricorda un pirata saraceno che fu graziato dalla decapitazione e messo a cavallo di un mulo per poi essere successivamente condannato al rogo (da cui il vocabolo – in dialetto dalmato-veneto locale – “foclan” o foco, origine del termine “pokland”).

Il primo riferimento storico alla celebrazione nel Carnevale nella comunità sipontina si riscontra in una lettera di Gian Tommaso Giordani a padre Maria Fania da Rignano, datata il 1839: “La miseria è vero che regna qui forse peggio che altrove, ció nonostante il nostro carnevale è stato animato piú di quello che ti han dato a credere”. Una testimonianza del Carnevale dei primi anni del 1900 ci viene da Matteo Carpano, il quale, tra l’altro, scrive: “… Il terzo giorno peró le maschere evitavano il tratto di Corso Manfredi compreso tra via dell’Arcivescovado e via Campanile perchè su di essi si svolgeva il tiro dei limoni e delle arance malandate e dei cartocci di terra bianca, rossa e gialla …”.

busto baccanteA Manfredonia, dopo la Grande Guerra le veglie danzanti si tengono, oltre che nelle “socie”, presso il teatro “Eden”; ed è il periodo in cui il “ballo per casa” diventa veramente un rito.

E già nel periodo fascista si attrezzano i carri allegorici; addobbati con foglie e fiori, tirati da cavalli coperti di nappe e bordure varie.

Nel secondo dopo guerra il Carnevale esplode rinvigorito; c’è il desiderio di dimenticare, e presto.

Inizia una nuova epoca: dalle manifestazioni spontanee di gruppi o di coppie di maschere si arriva al “Carnevale Dauno”, la cui prima edizione è nel 1954; e si svolge a Foggia, nel teatro “Giordano”, e si riferisce al solo “Veglioncino dei bambini”. A Manfredonia, invece, giá agli inizi degli anni ‘50, sulla scorta delle feste goliardiche, si impostano i primi carri in cartapesta. Da allora nasce una scuola che dura sino ad oggi, con le Istituzioni Didattiche a far da chioccia ai nuovi talenti.

costumeIl Carnevale diventa sempre più bello, più grande e più famoso. Se i primi anni ’70 sono sotto il segno dell’improvvisazione, dalla seconda metà in poi, e sotto l’egida dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo il Carnevale viene pensato in termini manageriali. E si arriva così alla fine degli anni ’80, con la consapevolezza che questo “prodotto” dovrà essere tutelato e valorizzato.

Ed ecco una silloge degli avvenimenti più importanti che hanno caratterizzato il nostro carnevale negli ultimi venti anni:
1990, Un Carnevale pieno d’iniziative: sei carri…, e tanta voglia di rilanciarlo. Fatto più unico che raro, i rappresentanti dei partiti politici sottoscrivono un documento per realizzare un ente stabile per la gestione del Carnevale e s’impegnano nella costruzione dei capannoni.
1991, Scoppia la Guerra del Golfo, è l’edizione… salta! 1992, Ancora tanti buoni propositi; viene nominato un comitato Tecnico-Operativo, che deve “reperire fondi” e rilanciare la manifestazione dopo lo stop bellico. Intanto si presenta il progetto della Cittadella del Carnevale presso l’ex Mattatoio comunale.
1993, C’è l’astensione della maggior parte dei carristi e di qualche gruppista. Non è una grande edizione, ma la partecipazione di pubblico e di maschere è numerosa.
1994, Continua lo sciopero. E si chiede più attenzione per la realizzazione dei capannoni!. 1995, Ritornano tutte le squadre di lavoro dei Carri e dei Gruppi. Si realizzano numerose iniziative tra cui il primo concorso per il logo del Carnevale. Viene predisposto il nuovo regolamento e nuovi criteri per la nomina dei giurati. Nuovo formato viene dato alla rivista. Ci sono i presupposti per il rilancio. Intanto appare in Commissione Cultura, la prima bozza dell’Ente di gestione presentata dall’Assessore Angelo Riccardi, il quale intraprenderà la costituzione dell’Istituzione.
1997 e 1998, Si è in attesa che vada in porto l’Istituzione del Carnevale Dauno, saranno delle discrete manifestazioni con ottima presenza di pubblico.
Nel 1999 si ha il primo Carnevale organizzato dalla Istituzione.

Il XXI secolo è foriero di tante novità; l’iniziativa più importante è l’inaugurazione dei Capannoni per la lavorazione della Cartapesta, poi vi è l’inserimento della manifestazione nel circuito delle lotterie nazionali, e la presenza come testimonial di Gigi Proietti e Renzo Arbore.

Per concludere, la nostra rassegna editoriale sul Carnevale Sipontino, riguarderà altri tre aspetti importanti: il primo sulla tradizione della “Socia”, aspetto che connotava indissolubilmente le quattro giornate ludiche; il secondo riguarda la gastronomia; e la terza le sartine del carnevale, le quali, con le loro abili mani confezionavano e confezionano stupendi costumi.

È quindi una tradizione variegata, che si evolve e coinvolge in un turbinio di emozioni il popolo della plaga sipontina, una festa che da noi, non ha avrà mai fine.

Prof. Giovanni Ognissanti
Archivio Storico Sipontino

fonte: https://www.manfredoniafoto.it/

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Redazione

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