Gargano: denunce, silenzi e responsabilità cosa sta accadendo? La storia delle foto diffuse sui gruppi che ritraevano giovani ragazze

Gargano: denunce, silenzi e responsabilità cosa sta accadendo? La storia delle foto diffuse sui gruppi che ritraevano giovani ragazze

Negli ultimi giorni il Gargano è stato scosso da una vicenda che ha superato rapidamente i confini locali, arrivando sulle principali testate giornalistiche non solo locali. Un episodio inquietante quanto emblematico di un fenomeno purtroppo in crescita: la diffusione illecita di immagini, sottratte senza consenso dai vari profili social, spesso manipolate, ritraenti ragazze di Carpino, Rodi, Cagnano e Vico.

Secondo le ricostruzioni, alcune di queste foto – create o alterate con programmi di intelligenza artificiale per denudare vittime – venivano condivise su vari gruppi Telegram, talvolta in cambio di denaro, o semplicemente di approvazione da parte di altri utenti. Un’azione che non solo costituisce un reato grave, ma rappresenta una forma brutale di violenza digitale, capace di annientare la dignità e la serenità di chi la subisce.

In questo contesto di paura, vergogna e silenzio, emerge tuttavia una storia di grande coraggio. Una ragazza liceale dopo un periodo di sofferenza taciuta, ha deciso di confidarsi con la propria famiglia e denunciare alle forze dell’ordine quanto subito. Un gesto che non solo ha segnato un atto di liberazione personale, ma ha dato il via a una vera “operazione” volta a individuare il responsabile.

Ma mentre una parte dell’opinione pubblica si stringe attorno alle “vittime”, invitandole a denunciare oppure a rivolgersi agli sportelli antiviolenza del territorio, dall’altra emergono atteggiamenti preoccupanti. Fra questi quelli di alcuni adulti, professore che nel mondo della scuola hanno commentato la vicenda con leggerezza, minimizzando la gravità dei fatti.

Frasi come “se non ha concluso lo possiamo definire solamente approccio”, “il trauma passa” o “senza atto fisico non c’è violenza” rivelano non solo una pericolosa disinformazione, ma anche un messaggio profondamente sbagliato per i giovani che potrebbero essere loro figli. La violenza digitale esiste, ferisce e lascia segni profondi. Sottovalutarla significa ferire nuovamente le vittime.

La vicenda del Gargano non è solo un fatto di cronaca: è un banco di prova sociale. Sta a tutti noi decidere  se sostenere chi denuncia, condannare con fermezza gli autori di queste violenze, educare i giovani al rispetto, alla legalità oppure se voltarci dall’altra parte, restare in silenzio, e lasciare che simili derive si ripetano.

La tecnologia corre veloce, ma la responsabilità deve correre più veloce di essa. La scelta, oggi più che mai, è nostra.

Barbara Trombetta

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