Ieri sera, domenica 16 novembre, il talk show di attualità “Fuori dal Coro”, in onda tutte le domeniche su Rete 4 in prima serata, ha proposto una puntata intensa, densa di inchieste e testimonianze che puntano il dito contro alcune delle emergenze profonde del Paese. Il filo conduttore? Un’Italia che fatica a gestire il proprio patrimonio, che vede crescere le zone d’ombra nei quartieri e nel tessuto sociale, e che assiste – da spettatrice impotente e arrabbiata – al disallineamento tra istituzioni e cittadinanza. Il conduttore Mario Giordano e la sua troupe hanno acceso i riflettori su diverse tematiche, tra cui il patrimonio pubblico in disuso o mal gestito, la Chiesa e il tema degli abusi sessuali, l’allarme sicurezza e in particolare il fenomeno delle baby gang. Tre “cerniere” tematiche che aprono un discorso più ampio sulla fiducia, sulla legalità e sulla responsabilità collettiva.
Inchiesta sul patrimonio pubblico
Mario Giordano ha dedicato un’inchiesta esemplare che smaschera il tema della malagestione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti pubblici italiani. C’è la presenza, da Nord a Sud, di abitazioni lasciate vuote, occupate abusivamente o vendute per fare soldi. Nel dettaglio sono emersi casi come quello di Roma, dove “oltre cinquecento alloggi popolari sarebbero stati venduti anziché essere assegnati a chi ne ha bisogno”. A Milano invece, è stato denunciato che diversi appartamenti degli Enti Sanitari della Regione Lombardia risultano sfitti e abbandonati.
È un quadro che parla più di spreco che di sola inefficienza: spazi pubblici che potrebbero servire, ma che al contrario diventano simbolo dell’inerzia o della speculazione, occupando risorse che dovrebbero essere al servizio della collettività. Il servizio “Ladri di case: la maestra abusiva che occupa da 15 anni” evidenzia come l’occupazione abusiva non sia più un fenomeno marginale, ma ben radicato. In studio, Giordano ha interpellato amministratori locali, operatori sociali e vittime dell’occupazione abusiva: è emersa una frattura tra la legge e la sua applicazione, tra il dato normativo e la realtà concreta. Il messaggio che viene lanciato è chiaro: quando il pubblico diventa terreno di gioco per i privati, tutto è perduto, a partire dalla dignità del cittadino.
La Chiesa, la stretta e il problema degli abusi
Giordano ha, inoltre, affrontato la questione degli abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica, con particolare riferimento alla recente “stretta voluta da Papa Leone XIV per contrastare in modo più diretto la piaga degli abusi”. Il servizio ha ripercorso il contesto storico di decenni di scandali, la perdita di fiducia dei fedeli e la necessità di misure non solo formali ma concrete. Si è discusso se questi nuovi provvedimenti possano davvero “segnare un punto di svolta in un problema che, negli ultimi anni, ha eroso la fiducia di milioni di persone”.
È un tema delicato perché tocca il sacro, la sfera privata, il potere e la trasparenza: Il talk non ha evitato di denunciare reticenze, zone grigie e la lentezza del sistema. Testimonianze in collegamento, e frammenti televisivi che documentano come spesso l’istituzione sia rimasta indietro rispetto alle esigenze della società civile. Il conduttore ha incalzato con domande rigorose: non basta la legge, serve la cultura della responsabilità. E quando l’istituzione perde credibilità, le conseguenze sono profonde per l’intera comunità.
Emergenza sicurezza: baby gang e legittima difesa
Una parte della serata si è concentrata sul tema – ormai ricorrente nelle cronache italiane – dell’insicurezza percepita pesantemente nel nostro Paese. In particolare, è stato dato spazio al fenomeno delle baby gang: minorenni che compiono aggressioni, rapine, atti vandalici e che generano paura nei quartieri. Il riferimento ai dati Istat della criminalità da parte di giovanissimi apre il dibattito sull’efficacia delle misure adottate. Nel corso del programma è stato ricordato come la questione della legittima difesa torni ciclicamente quando la percezione di abbandono da parte dello Stato cresce. Quando il cittadino pensa di difendersi da solo, allora è lo stato di diritto che vacilla. Alcuni servizi hanno mostrato ragazze rapinate per strada di sera, occupazioni abusive e aggressioni notturne: un’Italia che teme, che si sente lasciata sola.
Analisi finale
Quel che emerge dopo questa puntata di Fuori dal Coro è la sensazione di urgenza che resta solo a livello mediatico: una volta spente le luci dello studio e chiusi i servizi, resta il dubbio su quanto tutto ciò si tradurrà in azione concreta. È facile far emergere il problema (e Mario Giordano, chiariamolo, lo fa con efficacia), ma difficile risolverlo davvero. Se il patrimonio pubblico viene venduto o abbandonato, se la fiducia nella Chiesa è scossa, se i ragazzi crescono in quartieri che sembrano assenti dallo Stato, allora la questione diventa non solo mediatica ma esistenziale.
In conclusione, la trasmissione ha colto nel segno almeno sotto due profili: il critico (nel senso di interrogativo verso l’esistente) e il documentario (dal vivo, vero, senza troppo orpello). La scommessa ora è che il pubblico non rimanga spettatore, ma faccia dell’inchiesta televisiva un punto di partenza per la riflessione e l’azione. E se è vero che “fuori dal coro” significa rompere la norma, allora ben venga questo tipo di televisione che invita a non restare in silenzio.


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