Foggia

Frecciarossa 8830, l’odissea di due ore a Foggia: guasto, ritardi e coincidenze saltate

[esi adrotate group="1" cache="public" ttl="0"]

Frecciarossa 8830, l’odissea di due ore a Foggia: guasto, ritardi e coincidenze saltate

Il Frecciarossa 8830 partito da Bari il 19 agosto e diretto a Milano avrebbe dovuto concludere la sua corsa poco prima della mezzanotte. Invece ha accumulato sul tragitto due ore di ritardo, trasformando quello che doveva essere un viaggio ad alta velocità in una vera e propria odissea. La causa ufficiale è stata un guasto alla linea elettrica nei pressi di Rignano Garganico, che ha costretto il convoglio a fermarsi inizialmente per mezz’ora all’Incoronata. Un inconveniente tecnico può sempre accadere ma la gestione del problema e soprattutto l’assenza di informazioni hanno reso il disservizio molto più pesante.

Di seguito, il treno è rimasto fermo a lungo a Foggia – circa un’ora – e una volta ripartito ha viaggiato a una velocità ridotta di 30 chilometri orari. La mancanza di comunicazioni efficaci ha impedito ai passeggeri di organizzarsi, scegliendo magari soluzioni alternative.

Una testimonianza raccolta tra i viaggiatori racconta bene lo stato d’animo di chi si è trovato in questa situazione: «Il carissimo treno Foggia-Pescara dura teoricamente un’ora e mezzo, saremmo dovuti arrivare lì alle 19:07. Ci abbiamo messo tre ore e mezzo. Nessuna comunicazione degna, altrimenti avremmo potuto proseguire diversamente. La scena in carrozza era surreale: famiglie con bambini stanchi, anziani spaesati, gente costretta ad alzarsi di continuo per cercare informazioni che non arrivavano mai». 

Ma il peggio, per questo viaggiatore, è avvenuto dopo: «A bordo mi avevano assicurato che a Pescara il treno regionale diretto a Giulianova, previsto alle 20:55, sarebbe stato trattenuto qualche minuto – come si fa di solito – per permetterci la coincidenza per tornare a casa, ovviando al pesantissimo disservizio causatoci. Sui monitor a bordo treno, in arrivo a Pescara Centrale, risultava infatti tra le possibili coincidenze per i viaggiatori. 

E invece non è accaduto nulla di tutto questo: «Nonostante le rassicurazioni, il treno è partito senza di noi. Era l’ultimo della giornata. Siamo stati abbandonati in stazione come cani, senza nemmeno un’indicazione su come proseguire. L’assistenza in stazione ha provato a chiamare ad un centralino ma non rispondeva nessuno».

Il racconto prosegue: «Anche noi viaggiatori, mentre eravamo sul treno, avevamo chiamato l’assistenza telefonica ma ci era stato risposto che non potevano fare nulla per via di una banale formalità, ovvero i due viaggi avevano codici di prenotazione diversi. Hanno perfino avuto il coraggio di augurarci una buona giornata. In pratica se ne sono lavati le mani. È questo il modo di trattare chi ogni anno macina decine di migliaia di chilometri in treno? Sarebbe bastato ritardare la coincidenza di dieci minuti, considerando che il ritardo era causato da Trenitalia stessa. Alla fine ci siamo salvati solo perché al terminal dei bus c’era un autobus della Società Unica Abruzzese di Trasporto TUA».

Il grave danno non è stato soltanto in termini di tempo ma anche economico. Due biglietti da Foggia a Pescara costano in media 78 euro, ai quali si sono aggiunti i 7,80 euro per la coincidenza successiva (mai utilizzata) e 7,20 euro spesi per il nuovo biglietto del bus sostitutivo. Una spesa complessiva che stride con la politica di rimborso di Trenitalia: il massimo riconosciuto in questi casi (circa due ore di ritardo complessive, tecnicamente poco sotto i 120 minuti pieni) è giusto quanto basta a ridurre il rimborso al 25% del prezzo del Frecciarossa, nemmeno venti euro. Un viaggio da incubo, circa due ore di ritardo, un’assistenza indegna e l’ultima coincidenza persa per tornare a casa valgono un misero 25% per chi gestisce la mobilità ferroviaria in Italia. Ritardi del genere, in aereo, danno automaticamente diritto a cifre dai 250€ ai 600€. Per non parlare del confronto con l’estero: «Avendo lavorato anche in Germania e in Francia – racconta un altro viaggiatore coinvolto – posso dire che situazioni del genere vengono gestite in modo opposto. I rimborsi sono automatici, le coincidenze vengono trattenute e c’è sempre un presidio di assistenza. Vengono offerte opzioni di reindirizzamento immediato, voucher aggiuntivi, rimborsi di mezzi alternativi o alloggio se necessario, strumenti che attenuano davvero il disagio. In Italia, invece, ci si ritrova soli, con un misero 25% di rimborso che suona quasi come una presa in giro». 

Il problema non è solo il guasto, che fa parte dei rischi tecnici di una rete complessa, ma la gestione di esso. La mancanza di comunicazioni tempestive, l’assenza di coordinamento con le coincidenze e il vuoto totale di assistenza hanno trasformato un imprevisto in un incubo di viaggio. Pagare quasi 80 euro per una tratta di un’ora e mezza e ritrovarsi a viaggiare per tre ore e mezza senza certezze, perdendo coincidenze e spendendo altro denaro, mina la fiducia nella mobilità ferroviaria. C’e anche a chi è andata molto peggio: «Ho preso il treno a Bari alle 16:30 – racconta un altro viaggiatore – e sono arrivato a Milano Centrale all’1:43 di notte, con la metropolitana chiusa da un po’. Inutile dire l’utenza della stazione a quell’orario. Ho preso un costoso taxi e sono tornato a casa». 

Chi sceglie il treno lo fa anche per una questione ambientale, per ridurre l’impatto sull’ambiente rispetto all’auto. Se il risultato è spendere di più, viaggiare peggio e sentirsi abbandonati nel momento del bisogno, diventa sempre più difficile convincere i viaggiatori a continuare a credere nel trasporto pubblico. 

Il treno dovrebbe essere l’alternativa credibile all’auto e all’aereo. Ma se viaggiare in alta velocità significa pagare di più per arrivare più tardi e senza tutele, il rischio è che i binari restino vuoti e la fiducia dei viaggiatori venga definitivamente deragliata.

[esi adrotate group="1" cache="public" ttl="0"]