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Enichem 49 anni dopo il disastro. La memoria negata torna a farsi voce

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Enichem 49 anni dopo il disastro. La memoria negata torna a farsi voce.

A quasi 50 anni dal disastro ambientale dell’Enichem, Manfredonia porta ancora le cicatrici di quelle esplosioni che avvelenarono la città. Le testimonianze raccolte da Alessandro Leone e rivolte alla Gen Z, raccontano la paura di allora e le conseguenze di oggi ma rivelano anche una memoria divisa: c’è chi ha maturato consapevolezza studiando e informandosi, per interesse personale e amore per la propria terra e chi conosce la vicenda solo attraverso i racconti dai nonni, che vissero il disastro in prima persona. Resta chiaro che per troppo tempo questa storia è stata rimossa, soprattutto nelle scuole e nei luoghi deputati all’educazione. In questo vuoto si inseriscono nuove voci, come quella della Dott.ssa Angela la Torre. Il suo interesse per l’argomento nasce durante gli anni del Liceo, quando scelse il disastro dell’Enichem come tema della tesina di maturità. All’Università ha approfondito sempre di più, fino a concludere il suo percorso di Laurea Triennale in Scienze dell’Educazione e della Formazione con una tesi intitolata: “Le donne di Manfredonia contrastano l’ Enichem – Ecofemminismo con uno sguardo volto al futuro alla ricerca di buone prassi nell’ ottica dell’ educazione alla sostenibilità”. L’impegno di Angela non è rimasto confinato tra le mura di Manfredonia. Nel 2019 è andata a Taranto, ospite del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, per raccontare la vicenda di Manfredonia e intrecciarla con le battaglie di altri territori feriti dall’inquinamento industriale. Nello stesso anno ha scritto una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un testo accorato, che unisce memoria storica, amore per la terra d’appartenenza, dati scientifici e fiducia nelle istituzioni. Se la memoria non si costruisce solo nei luoghi formali, quali scuole e università, ma anche in quelli informali, come teatri, piazze e social, allora è proprio lì che bisogna coltivarla e trasformarla in coscienza condivisa.

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