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Claudio Baglioni “In questa storia che è la mia” l’opera concerto. Nel backstage con Carlo Pastore LD e operatore luci.

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Il primo sipario virtuale ad alzarsi sulla nuovissima piattaforma ITsART è stato quello di Claudio Baglioni con un evento che si è annunciato come un’esplosione di arte a 360 gradi. Una vera e propria opera, tratta dall’omonimo e ultimo album di inediti.
Con la direzione artistica di Giuliano Peparini, il teatro dell’Opera di Roma si riempie in ogni suo spazio e diventa scena, dai camerini al foyer, dal retropalco ai corridoi, ogni luogo viene allestito per accogliere 188 artisti tra tra musicisti, coristi, cantanti, ballerini, performer.
L’apertura affidata ad un monologo scritto dal cantante e interpretato da Pierfrancesco Favino e ad un preludio danzato da Eleonora Abbagnato, trasmette subito l’eccezionalità di questi 90 minuti di spettacolo.

Proviamo a fare un tuffo nel “dark side” con Carlo Pastore, un orgoglio Pugliese che ha vissuto in prima persona questo evento.

Carlo Pastore nasce nel luglio del 1976 e appena maggiorenne inizia la sua avventura nello spettacolo prima come fonico, poi lighting designer ed è con questo ruolo che si fa spazio nelle produzioni cinematografiche di Londra. Nel 2005 torna in Italia e inizia in tour artisti come gli Après La Classe, i Tiromancino, Renato Zero, Gianna Nannini, Alex Britti o attori come Checco Zalone e Giorgio Panariello. Nel 2009 approda in Agorà, azienda di punta nel mondo dello spettacolo, in cui riveste il ruolo di Lighting Designer e operatore luci. Dal 2010 diventa un riferimento per negli spettacoli di Baglioni e Fiorello.

Carlo, inizierei con una domanda a cui sicuramente avrai risposto tantissime volte. Com’è nata la tua collaborazione e come si è consolidato il vostro rapporto professionale?


Ciao Giuseppe, è un piacere ritrovarti.
Nel 2009 è iniziato il mio lavoro con Agorà S.R.L. e sin da subito la collaborazione con Claudio Baglioni. Entro in qualità di assistente e l’anno successivo vengo convocato come lighting designer per il suo tour mondiale.
Da lì è partito un lento e costante sodalizio: undici anni di crescita e conoscenza dei gusti dell’artista hanno consolidato, inevitabilmente, una certa fiducia.
Ma non è solo questo, Baglioni ama rivolgersi ad una squadra di fedelissimi per realizzare i suoi spettacoli, il lighting designer è parte integrante di questo nucleo e di conseguenza devi entrare in sinergia anche con essi.

“In questa storia che è la mia” sembra avere tutti in numeri per essere un evento eccezionale. Di cosa ti sei occupato in questo show?


Hai detto bene: è un’opera, un Concept Album, una rappresentazione unica nel suo genere.
Ho lavorato a stretto contatto con Ivan Pierri (direttore della fotografia) portando sulla consolle le nostre idee.

Dal punto di vista illuminotecnico ed emozionale, cosa puoi dirci?


Quando guardi uno show attraverso un obiettivo cambiano tante cose.
C’è un direttore artistico, un regista e un direttore della fotografia: loro hanno la padronanza del risultato finale. Rispetto ad un live, c’è una cura diversa dei livelli, dei bianchi, le temperature, la miscelazione di alcuni colori va rivista, anche il dare le luci è diverso. Ovviamente, questo e tanto altro.
Trovo emozionante collaborare con chi può insegarmi qualcosa e questa è stata un’occasione d’oro.
Ti faccio un esempio: nel live siamo abituati ad interpretare i brani partendo da una scena minimale fino ad arricchirla man mano per arrivare ad un momento clou, è una sorta di percorso dinamico. Quando registri invece si parte quasi sempre da una inquadratura totale che va a stringersi poi sull’artista, di conseguenza nella prima scena devi essere “ricco” a livello di luci.

Dal tuo punto di vista, quali sono le differenze e quali i punti di contatto con gli altri show di Baglioni?


Un gioco di parole: dal mio punto di vista cambia appunto il punto di vista…
La costruzione di uno show dalla parte dello spettatore, dal Front of House, ti restituisce una maggiore , anche dal lato sensoriale: quello che emoziona te sai che emozionerà (si spera) anche il pubblico. È come guidare un autobus stando al posto dell’autista. Come dicevo prima, attraverso un obiettivo servono altre competenze, è un po’ come “tele guidare”, il veicolo chiamato show, a distanza.
La costante tra gli tutti i lavori di Baglioni sta nella cura del dettaglio, nella moltitudine di Props che sono collegati ai mille rifermenti evocati dal racconto, nella danza, nel voler regalare sempre qualcosa di nuovo allo spettatore, la ricerca dell’elemento sorpresa. Perciò ruolo del lighting designer e direttore della fotografia diventa tentacolare.

La direzione artistica di Peparini ha stravolto totalmente gli schemi dei soliti spazi scenici. Com’è stato possibile far combaciare le sue richieste con le difficoltà che un luogo non destinato ad essere scena può presentare?

Peparini ha dalla sua parte il fatto di essere una persona che trasmette molta calma, è accogliente nei suoi modi di fare, questo si rispecchia indubbiamente sulla qualità del lavoro. Lui è davvero un innovatore, amo le sfide e con lui nulla è consueto, ci siamo trovati da subito qualche anno fa quando abbiamo messo in scena “Al Centro”.  Per quanto riguarda le difficoltà devi pensare che in registrazione non hai molto tempo a disposizione, considera soltanto tutta la gente in più che lavora dietro quel settore. Per questo motivo ogni scelta viene preventivata e studiata a tavolino, tutti i settori vengono coinvolti. Pensa solo al declivio della sala: la base di ogni elemento scenografico è stata tagliata in relazione alla pozione che aveva sul pavimento. C’è poco tempo per l’estemporaneità che, nonostante tutto, sempre ci accompagna e sempre ci appassiona…

Collabori con Baglioni da diversi anni, è un’artista attento alle questioni tecniche?


È inevitabile parlare di Claudio Baglioni e non riconoscere da subito la sua passione per gli aspetti tecnici e creativi. È un architetto con un gusto molto raffinato e in continua ricerca. Capita spesso che si fermi con noi durante la programmazione della consolle, ti invita sempre ad una riflessione sull’operato, sulle scelte e non manca di esprimere le sua.
Non è un artista semplice, è stimolante e nel contempo ha sempre bisogno di stimoli. Mi piace però sottolineare un suo lato caratteriale, che non è da tutti: è un gentiluomo, ha molto rispetto, dei suoi collaboratori e se deve dirti una cosa lo fa nel migliore dei modi.

Foto del live ” Al centro” dal profilo facebook di Carlo Pastore

Carlo, concediti un aneddoto, una curiosità, insomma qualcosa che “scappa” dal backstage.


C’è una cosa molto bella, un rituale che si ripete ogni volta che terminiamo la preparazione di uno spettacolo.
Claudio convoca tutti i suoi collaboratori nel suo camerino per stare insieme, ridere e brindare in questo modo:
“Aiza aiza aiza, acala acala acala, accosta accosta accosta alla salute nostra!!”

Grazie a Carlo Pastore per questo tuffo nel “Dark Side”, sperando possa accompagnarci in altri backstage in futuro!

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