50 anni fa moriva Ungaretti, il poeta che ‘illuminò d’immenso’ anche Manfredonia

50 anni fa, esattamente il 1° giugno 1970, all’età di 82 anni moriva Giuseppe Ungaretti, uno dei più grandi poeti del Novecento.

Da nord a sud Italia oggi è un pullulare di dediche per omaggiare Ungaretti e non poteva mancare un ricordo tutto manfredoniano.

Era il 6 marzo del 1934 quando il poeta fece sosta nella nostra città durante un viaggio che aveva intrapreso in Puglia ed in Basilicata come inviato per conto del quotidiano La Gazzetta del Popolo di Torino. “E in linea diritta davanti alla fu Siponto, l’arco di Manfredonia si volta giusto nel punto dove, pieno di freschezza e di appetito per l’abbondanza di seppie, lo sguardo dell’acqua marina si fa moro come quello di gitane.” Ecco come Ungaretti la descrisse prima sulle colonne del suo giornale e poi, nel 1961, nel romanzo “Deserto e dopo. Le Puglie”, dove raccolse tutti gli appunti e gli articoli di quell’intenso viaggio.

Al cospetto della magnificenza intrisa di fede della Basilica di Siponto, ne rimase stupito e rapito, e ne raccontò la bellezza ed i segreti densi di storia, nascosti tra le pietre e le colonne: “Poi dalla solitudine si sprigiona una colonnetta, e le fanno seguito a pochi passi, su leoni, le colonne che, fra le scure sopracciglia di archi ciechi, reggono in una facciata deserta il ricco portale di Santa Maria Maggiore di Siponto”.

Nella cripta, lo sguardo del poeta venne rapito dalla statua della Sipontina (oggi conservata presso la cattedrale): “Scorgiamo all’altare in fondo, in un cavo d’abside, gli occhi sbarrati d’una statua di legno dipinto. Sono gli enormi occhi bizantini, dimentichi del tempo. Solo Picasso potrebbe dirci perché i Bizantini sono così vicini ai selvaggi”.

“Non c’era nessuno. C’erano impronte di piedi, impronte di mani, graffi sulla pietra, e un nome dentro ciascuna mano o ciascun piede. Pellegrini che erano arrivati qui cantando, anzi gridando; a piedi scalzi con il loro passo rapido, anzi impetuoso com’è la fede. E finalmente il loro piede aveva calcato il suolo sacro, la loro mano aveva toccato la pietra benedetta”. “Allora il sotterraneo mi s’è riempito di pellegrini”.

Giuseppe Ungaretti in poche righe è riuscito a raccontare la bellezza più grande della Basilica di Siponto e che ai visitatori distratti può sfuggire, che è quella di portare la testimonianza in ogni sua pietra, tra impronte di mani e nomi incisi, del passaggio di migliaia di pellegrini che nei secoli vi hanno fatto tappa: non c’è nessuno, ma è piena di gente!

E tra arte, fede e poesia, leggendo le pagine dedicate alla nostra città da uno dei protagonisti della letteratura italiana, non possiamo che sentirci onorati ed “illuminarci d’immenso”.

di Maria Teresa Valente

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