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1°Maggio a Manfredonia: per strada chi ha lavorato, impunito chi ha speculato

ManfredoniaVetro, 174 lavoratori. Vetrotec, 37 lavoratori. Solage, 55 lavoratori. Silac, 40 lavoratori (le cui sorti sono ancora in ballo). Casa di riposo Anna Rizzi, 15 lavoratori senza stipendi ormai da anni ed in balia di un commissario da troppo tempo. E tanti altri casi di aziende chiuse e licenziamenti collettivi che sicuramente meriterebbero di essere citati.

Potrebbe sembrare soltanto un rosario di disgrazie ed invece è un lungo elenco di speculazione e furto ai danni dei lavoratori e della collettività. Ci sono le aziende che hanno incassato contributi del contratto d’area e poi sono scomparse appena possibile con il malloppo. Nessun problema di commesse, nessun problema di bilancio: semplicemente il furto degli aiuti di stato era finito e si potevano chiudere i battenti. Ci sono le aziende che sul territorio avevano costruito la loro ricchezza e che non si sono fatte alcun problema a fuggire col malloppo alla prima occasione utile.

Tutto intorno nessun garofano rosso e nessun canto bracciantile, ma una disoccupazione spaventosa, salari da fame e orari da caporali. A Manfredonia si deve tranquillamente lavorare a meno di due euro l’ora, anche per 12-14 ore e senza uno straccio di contratto… guai anche solo a porre il problema. Il lavoro nero dilaga e quei pochi fortunati che hanno un contratto difficilmente lo vedranno applicato o potranno esigerne il rispetto.

Un territorio che perde ogni anno migliaia di giovani, le loro capacità, la loro voglia di cambiare e, magari, i risparmi di una vita dei genitori, portati via per costruirsi una vita lontano da qui. Cosa resta? Una città più povera, più vecchia, più smemorata, più conservatrice, più paurosa, più ignorante, più indifferente, più disabitata.

Cosa resta? Fuggire? No. Resta da trovare il coraggio di pensare ad un altro modello di sviluppo, il coraggio di costruirlo dal basso, il coraggio di trasformare la situazione disperata e dimenticata della nostra città in un caso nazionale. Dall’agricoltura all’agroalimentare, dal turismo alla pesca, dal rilancio dell’artigianato all’industria ecosostenibile: le potenzialità sono tante, ma serve un progetto di sviluppo serio, con investimenti nazionali e radici profonde nel territorio, serve una politica per l’occupazione in grado di spezzare l’inesorabile declino, serve uno scatto di coraggio. Servono uomini con la schiena dritta e tanto coraggio, come succedeva, una volta, il primo maggio.

Comunicato e foto di “Collettivo InApnea”

 

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